
Il nove Luglio di ogni anno è la data importantissima per la Famiglia Missionaria della Redenzione perché celebra il martirio della sua patrona “Santa Maria Chiara Nanetti” con tutta la chiesa. Santa Maria Chiara Nanetti nacque il 9 gennaio 1872 in Italia, a Santa Maria Maddalena. Dall’infanzia si chiamava Cleria Nanetti. A venti anni entrò nell’istituto delle Francescane Missionarie di Maria, da poco fondato a Roma, assumendo il nome di Maria Chiara. Il 12 marzo 1899 partì con altre sei compagne per la Cina, assieme alle quali, il 9 luglio 1900, subì il martirio. Venne beatificata con altri 28 Martiri da papa Pio XII il 24 Novembre 1946 e proclamata santa il primo ottobre dell’Anno Giubilare 2000 da Papa Giovanni Paolo II. Quella santa è la prima santa della Diocesi di Adria-Rovigo è anche la patrona della Famiglia Missionaria della Redenzione, fondata da Mons. Achille Corsato nel 1946, devoto della Santa.
Ecco perché i missionari della Redenzione in Italia, Burundi e Brasile celebrano la memoria della suddetta santa in modo particolare e speciale. In italia, durante la messa del 9 luglio celebrata da Don Zaccaria nella parrocchia santa Maria Maddalena, le missionarie della Redenzione hanno animato nella messa facendo delle danze. Che Santa Maria Chiara Nanetti interceda per noi perché possiamo vivere coerentemente l’impegno del battesimo per essere nel mondo coraggiosi testimoni della fede, segni di unità, collaboratori all’opera missionaria della chiesa.
Nell’ omelia, Don Zaccaria predicava dicendo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto». La storia del seme è quella di morire per moltiplicarsi; la sua funzione è quella di un servizio alla vita. L’annientamento di Gesù è paragonabile al seme di vita sepolto nella terra. Gesù si paragona al seme di frumento che manifesta la sua forza vitale proprio quando cade nella terra. Gesù ci insegna che il seme che vuole conservarsi perde la sua qualità di seme, non è più quello che deve essere, non comunica più vita. Una vita è tale perché si dona; una vita che non si dona e si chiude in se stessa è sterile: sempre! Nella vita di Gesù amare è servire, e servire è perdersi nella vita degli altri., morire a sé stessi per fare vivere. Mentre sta per avvicinarsi la sua «ora», il momento conclusivo della sua missione, Gesù assicura i suoi con la promessa di una consolazione e di una gioia senza fine. Egli porta l’esempio del seme che deve marcire. Cristo ha scelto la croce per sé e per i suoi: chi vuole essere suo discepolo è chiamato a condividerne il suo stesso itinerario. “La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente per noi stessi, ma ci è data perché la doniamo. L’abbondanza del frutto dell’amore è nel dono della vita: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). La misura dell’amore di Cristo è il dono della vita, è la croce e, dunque, il dono della vita per gli altri diventa un appello ai discepoli, a noi cristiani a essere pronti a compiere la stessa radicalità nel dono. Certamente il dono di sé è una qualità dell’amore. L’assolutezza dell’amore di Gesù per i suoi deve allora motivare la fedeltà quotidiana del discepolo al comandamento dell’amore fraterno. Papa Francesco dice che; “l’amore per Dio e l’amore per il prossimo “sono le due facce di una stessa medaglia”.